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La rete ospedaliera

  • Immagine del redattore: Perugia per la Sanità Pubblica
    Perugia per la Sanità Pubblica
  • 9 mag
  • Tempo di lettura: 3 min

Gianni Giovannini


L’elemento che salta agli occhi dal 2013 in avanti è la lenta e progressiva riduzione di attività della rete ospedaliera regionale nel suo complesso.

I fattori determinanti possono essere più di uno:

• Attivazione soluzioni assistenziali alternative e più appropriate rispetto al ricovero ospedaliero, come auspicato dal DM 70/2015;

• Riduzione consistenza demografica popolazione umbra;

• Perdita di competitività rispetto alle altre realtà regionali evidenziata dalla crescita della mobilità passiva e dalla riduzione di quella attiva.


La riduzione dei ricoveri si può interpretare come una flessione della produttività della rete ospedaliera dell’intero SSR, che era già in atto prima della pandemia. L’attuazione del DM 70/2015, avvenuta dal 2016, non ha influito su questa tendenza già in corso. La minore produttività in sé non rappresenterebbe un fatto negativo se si va verso un recupero di appropriatezza, ma i dati di mobilità prodotti da AGENAS smentiscono questa ipotesi interpretativa.

L’analisi per gruppi omogenei di ospedali (ex DM 70) evidenzia le seguenti criticità:


• Bene i DEA di 1° livello, mentre evidenziano una qualche sofferenza le due Aziende Ospedaliere.

• La crisi di produttività si concentra soprattutto negli ospedali di base.

• Gli ospedali di base non utilizzano tutti i letti per acuti messi a loro disposizione (341) dalla programmazione regionale e hanno manifestato dei tassi di utilizzo inaccettabili, già in era prepandemica, inoltre non assolvono alcun ruolo utile nei confronti della cronicità.

• Le due aziende ospedaliere, inappropriatamente, detengono il record dei ricoveri in lungodegenza.


In una recente intervista l’ex assessore Regionale alla Sanità tra le varie razionalizzazione mancate dalla sua giunta dichiara che in Umbria sono troppi 17 ospedali.

Nei fatti e negli atti la Giunta precedente, al contrario delle dichiarazioni rilasciate alla stampa, è riuscita ad aumentare il numero degli ospedali umbri riesumandone uno, nella zona del Lago Trasimeno, chiuso dalla amministrazione precedente, per una annunciata “sperimentazione gestionale” da realizzare con un privato, portando in questo modo il conto a 18 ospedali.


Il conto salirebbe addirittura a 19 se si considera la “programmata” casa di cura in provincia di Terni da porre a carico del SSR.

Su indicazione esplicita dell’assessore Coletto, infatti, la DGR n 1399/2023 fa lievitare non solo il diciottesimo ospedale, ma anche il numero dei posti letto rispetto a quanto stabilito nel 2016 nell’atto di recepimento del DM 70/2015.

I p.l. ospedalieri hanno una parametrazione stabilita dalla L. 135/2012, che corrisponde al 3,7 per 1000 abitanti. Questo parametro è stato violentato dall’amministrazione di centrodestra che non ha rispettato il disposto di legge, facendoli lievitare da 3.237 nel 2016 a 3.315 nel 2023.

Questa operazione è stata fatta senza tenere minimamente conto delle limitazioni alla dotazione dei p.l. dovute alla riduzione demografica, l’Umbria ha perso dal 2016 al 2023 oltre 40.000 abitanti, e dal taglio ulteriore dei p.l. (ex DM 70) ascrivibile alla mobilità interregionale, che da attiva nel 2016 è diventata negativa nel 2023.

Se si parametra il numero complessivo dei p.l. stabiliti nella DGR 1399 alla popolazione umbra del 2023 si ottiene un indicatore pari al 3,9 per mille che significa una eccedenza di offerta di circa 170 posti letto (la dimensione di un ospedale come Città di Castello).

In realtà questo incremento di posti letto è stato strumentale per riconoscere circa 80 p.l. privati, da accreditare e convenzionare a carico del SSR nella Provincia di Terni. Per quest’ultima scelta risulta inconcepibile come abbia fatto la Regione a programmare le future esigenze assistenziali che si manifesteranno nella popolazione della provincia di Terni, da dover soddisfare esclusivamente tramite un soggetto privato convenzionato. Se così fosse significa che la Regione, pur avendo le risorse ed i poteri, rinuncerebbe a priori a fornire l’assistenza pubblica con le proprie aziende per dare spazio a privati che ancora non esistono.

Questa appena descritta era la grande innovazione introdotta dal progetto stadio-clinica che in sintesi si concretizzava con il trasferimento di risorse dal fondo sanitario regionale alla nuova casa di cura (convenzionata ad ogni costo) che a sua volta le avrebbe girate all’impresa incaricata di realizzare il nuovo stadio.

Oltre alla vicenda stadio-clinica, Terni è stata in questi ultimi anni l’epicentro dei tentativi di privatizzazione selvaggia, come documentato dai due volte sventati i tentativi di assalto alla diligenza orchestrati dal centrodestra che per finalità politiche voleva fortemente spendere altri 30 milioni ogni anno per 25 anni da consegnare ai costruttori del nuovo ospedale di Terni con la formula del project financing. In questo caso i proponenti, a differenza dell’ex assessore alla sanità, non sembrano aver rinunciato a battersi per allargare il buco nel bilancio della sanità regionale.


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