top of page

Integrazione, Ospedale e Territorio

  • Immagine del redattore: Perugia per la Sanità Pubblica
    Perugia per la Sanità Pubblica
  • 8 mag
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 9 mag

Alessandro Federici


Relazione sulla necessità di un’integrazione tra medicina del territorio e ospedale nell’Orvietano


Buongiorno e grazie per la partecipazione a questo convegno a tutti i presenti, ai relatori, in particolare agli organizzatori ed alle presidenti Sarah Bistocchi e Stefania Proietti per essere oggi impegnate qui con noi. Intanto vi porto i saluti anche del Presidente, del Consiglio Direttivo e di tutta l’Assemblea dei soci che oggi rappresento: il Comitato Orvietano per la Salute Pubblica.

Mi permetto di fare una brevissima cronistoria per capire quali sono state le dinamiche che stamattina ci hanno portato ad essere presenti a questo importante convegno regionale.

La nostra associazione nasce nel luglio 2024, da un gruppo spontaneo di cittadini, in risposta al progressivo depotenziamento dei servizi sanitari pubblici sul territorio orvietano ed alla crescita esponenziale delle strutture private. La goccia che ha fatto traboccare il vaso nasce da alcune notizie pubbliche di inizio luglio riguardo l’assenza, in alcuni giorni della settimana, dei medici chirurghi all’Ospedale “Santa Maria della Stella” di Orvieto che non poteva più garantire la presenza h24 di questi specialisti, come dovrebbe essere per un DEA di 1° livello.

Quindi nella sostanza inizialmente ci preoccupiamo del depotenziamento del nostro Presidio Ospedaliero, della mancanza di alcuni specialisti che non garantiscono più alcuni servizi e della non attrattività di questo territorio per i professionisti sanitari (che in realtà dovrebbe essere l’ultimo dei problemi visto il collegamento veloce di cui gode Orvieto, per la presenza del casello autostradale e della stazione ferroviaria, con città come Roma e Firenze). Questa nostra preoccupazione iniziale probabilmente è figlia di una cultura ancora troppo ospedalocentrica presente nella società ed anche tra i medici ed i sanitari.

Successivamente, dopo diversi incontri e contaminazioni avute con altri comitati come quelli di Terni, l’Associazione Perugia per la Sanità Pubblica, alcuni professionisti sanitari e soprattutto molti Sindaci della nostra zona sociale n. 12, ci si è concentrati su un’analisi dei servizi sul territorio e sull’importanza del buon funzionamento del Distretto Sanitario. Da tutte queste considerazioni è quindi scaturita l’urgenza di effettuare una petizione popolare per il mantenimento del Distretto Sanitario di Orvieto e contro la sua fusione con quelli di Terni e Narni-Amelia come indicato nel Piano Sanitario Regionale della precedente amministrazione Tesei.

Sappiamo bene che un Distretto Sanitario non può funzionare bene senza un buon servizio ospedaliero di riferimento, così come un Ospedale per le acuzie non opera in condizioni ottimali se non dispone di un buon Distretto impegnato nelle cure primarie.

Questa mobilitazione di cittadini, sindaci ed amministratori pubblici ha permesso di far emergere, anche attraverso le continue assemblee pubbliche, tutte le specifiche criticità, sia del territorio che dell’ospedale che abbiamo consegnato lo scorso 11 febbraio all’attenzione dell’Assemblea Legislativa Regionale, insieme alle oltre 7mila firme raccolte a sostegno del mantenimento del Distretto.

Da tutte queste analisi è emersa l’urgenza di un’integrazione reale tra medicina del territorio e ospedale, specialmente in un’area come l’Orvietano, caratterizzata da un’elevata età media e da un crescente bisogno di cure continuative. Quest’area, infatti, fa parte delle aree interne, territori che per conformazione geografica, demografia e difficoltà di accesso ai servizi necessitano di particolari attenzioni e deroghe per garantire il diritto alla salute ai propri cittadini.


Solo il servizio sanitario pubblico può garantire infatti una presa in carico globale dei pazienti attraverso un modello di medicina d’iniziativa, capace di prevenire il peggioramento delle patologie croniche, ridurre i ricoveri evitabili e assicurare un’assistenza capillare. Il sistema privato, invece, per sua natura orientato al profitto, opera in una logica prestazionale e non può offrire un percorso di cura strutturato e coordinato per i pazienti fragili, limitandosi a prestazioni episodiche a pagamento.

Per rispondere a queste esigenze, è indispensabile preservare e potenziare il Distretto Sanitario di Orvieto, attraverso il rafforzamento dei servizi territoriali e la creazione di Case della Comunità realmente funzionanti. Queste strutture devono diventare il punto di riferimento per la salute dei cittadini, garantendo la presenza costante di medici di base, specialisti, infermieri, assistenti sociali e servizi di telemedicina, in un sistema integrato con l’ospedale di riferimento.

Affinché questa trasformazione sia efficace, è necessario un processo di co-programmazione e coprogettazione tra enti locali, ASL Umbria 2 e associazioni del Terzo Settore, per assicurare che le nuove strutture siano adeguate ai bisogni reali della popolazione. In questo contesto, il Comitato Orvietano della Salute Pubblica si candida a diventare un vero Comitato Partecipativo dei cittadini, per vigilare sulla tutela e il potenziamento della sanità pubblica, garantendo che l’ospedale e i servizi territoriali restino adeguatamente finanziati e funzionanti, a seguito anche dei recenti incontri avuti con la Direzione Strategia dell’USL Umbria 2.

La sanità pubblica nell’Orvietano deve essere rafforzata, non smantellata. Senza un’azione concreta, il rischio è che il territorio venga progressivamente privato dei suoi servizi essenziali, costringendo i cittadini a spostamenti onerosi per ricevere cure adeguate o, peggio, a rinunciare all’assistenza. Il Distretto Sanitario di Orvieto deve essere considerato un presidio strategico e protetto con misure speciali, affinché continui a garantire il diritto alla salute a tutti, senza discriminazioni economiche o territoriali.

Concludo il mio intervento con un aneddoto personale, ma che è solo un esempio emblematico di cio’ che ancora spesso succede ai cittadini di questo territorio e non solo. La scorsa settimana mi sono recato al CUP dell’Ospedale di Orvieto per prenotare una visita reumatologica per mio figlio di 11 anni: la prima e unica disponibilità del servizio pubblico in regime di ticket è risultata a Città di Castello. Vista l’enorme distanza chiedo se esiste una disponibilità in intramoenia: la risposta del CUP è stata il giorno dopo all’ospedale Orvieto. (Quindi spontaneamente ho risposto: “come sempre, non è cambiato nulla!”).

Ora di fronte a quella che appare una palese ingiustizia, cioè che lo stesso ente pubblico non riesca a garantire, vicino alla residenza ed in tempi brevi, un servizio sanitario a ticket che esiste, ma solo a pagamento per intero attraverso la pratica dell’intramoenia (anche se permessa da leggi e normative nazionali e nata però con altri scopi) credo debba essere un serio problema da esaminare assolutamente almeno a livello politico e sul quale, un’amministrazione regionale che ha fatto del rilancio del sistema sanitario pubblico il perno centrale della sua azione di governo, deve affrontare in maniera decisa per cercare di limitarla il più possibile.

Altrimenti non ci possiamo lamentare se alle prossime elezioni eserciteranno il loro diritto al voto sempre meno persone: credo sia importante impegnarci tutti, ognuno nella propria parte, per evitare che queste situazioni spingano i cittadini umbri sempre più lontano dall’esercizio della democrazia e dalle istituzioni che devono invece tornare a rappresentare i bisogni delle persone.


scarica la relazione



Comments


bottom of page