Disabilità e Diritti
- Perugia per la Sanità Pubblica
- 6 giorni fa
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Raffaele Goretti
Numerosi sono i fattori alla base della crisi del sistema socio-sanitario, la maggior parte dei quali non sono nati negli ultimi mesi, ma, al contrario, trovano origine per lo meno nell’ultimo decennio: un non adeguato finanziamento pubblico, neppure sufficiente a coprire l’incremento dovuto all’inflazione; una spesa sanitaria inferiore alla media OCSE (intorno al 9% del PIL), paragonabile a quella dei paesi europei più poveri; un progressivo depauperamento delle risorse umane, sia medici che infermieri, a causa di una errata programmazione del fabbisogno; ma anche e soprattutto, del blocco delle assunzioni per il progressivo abbandono del SSN da parte di moltissimi addetti, in ragione delle condizioni di stress legate alla gestione pandemica, con il risultato di avere circa 35.000 medici e 50.000 infermieri in meno negli ultimi 10 anni.
Il sistema sanitario umbro si colloca esattamente al centro di questa crisi per:
• la mancanza di una programmazione sanitaria regionale che sia in grado di coniugare il contesto epidemiologico, caratterizzato dal progressivo invecchiamento della popolazione, affetta so-stanzialmente da patologie croniche (come diabete, ipertensione, cardiopatie ischemiche cronica ecc) con la possibile insorgenza di nuovi bisogni di salute, non solo legati a emergenze epidemiche;
• la progressiva carenza di professionisti sanitari (medici e infermieri), soprattutto in alcuni reparti a forte rischio (pronto soccorsi, reparti di anestesiologia e di emergenza urgenza);
• la mancata evoluzione del rapporto contrattuale con i Medici di Medicina Generale, che non ha finora permesso la presa in carico dei pazienti affetti da una o più patologie croniche in percorsi diagnostico-terapeutici fondati su protocolli condivisi (in grado di ridurre l’eccesso prescrittivo) e rapporti codificati con le strutture ospedaliere, anche attraverso il potenziamento della telemedicina;
• la incapacità a risolvere l’annosa questione delle liste d’attesa, aggravata da un lato dalla difficoltà ad assorbire il rallentamento dovuto alla crisi pandemica, dall’altro dalla costante inappropriatezza prescrittiva, conseguenza a sua volta della cosiddetta medicina difensiva, oltre che della mancanza di una adeguata “cultura sanitaria” nella popolazione;
• la lenta ma costante perdita di “strutture”, come Centri di Salute, Consultori, Servizi Psicologici, Centri di Salute Mentale, che vengono chiuse per carenza di risorse e mai più riaperte.
Ecco perché non è più rimandabile l’avvio di un’azione politica rivolta alla nostra città e alla nostra regione che si prefigga 3 obiettivi chiari in tema di sanità pubblica:
• riprendere il disegno di un modello che promuova salute, favorendo la partecipazione dei
cittadini a consapevoli scelte di salute;
• rafforzare i servizi territoriali, ripensandone completamente la rete, tenendo presente lo sviluppo dei territori nei prossimi anni, ma anche i bisogni della parte più fragile della popolazione, come gli anziani soli o con scarse capacità di accudimento da parte della rete familiare e/o amicale, le persone con disabilità o i giovani con problemi di disagio psicologico
• affrontare con il livello regionale e naturalmente l’Università la problematica di un ade-guato ripensamento del ruolo e delle funzioni dell’Ospedale della Città, a partire da una seria analisi dei fabbisogni di personale, tenendo conto non solo di quanto lamentato dai cittadini, ma anche delle difficoltà rappresentate ormai da mesi dagli stessi lavoratori.
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